Che succede?

Sydney Royal Botanic Garden e mi.

Si, proprio mi. In dialetto suona bene, non solo per la pronuncia spartana, ma anche perché rende l’idea di quanto piccolo io sia una volta dentro questo giardino botanico…
Giusto un’idea… Ho camminato circa 20 minuti percorrendo il perimetro del giardino, costeggiando l’Harbour, e non ci sono manco a metà.
Ti senti insignificante. (ma i miei glutei ringraziano, la passeggiata ci tiene vivi)

Ho compiuto 25 anni a Sydney, e quella mattina mi son svegliato convinto di compierne 23. Qualcosa suonava strano, I conti non tornavano… Poi finalmente ho realizzato che gli anni passano, e non sono di certo io a fermarli.

Il rientro a casa è stato fantastico: mangiate galattiche una sera di qua e l’altra di là, lunghe passeggiate sotto il caldo sole primaverile australiano, una nottata da leoni a casa di mio compare con annessa vincita al casinò… Si insomma, a volte è capitato che mi chiedessi perché me n’ero andato.
Poi riguardi le foto del viaggio e lo capisci subito.

In ogni caso, ascolto un po di Battisti seduto su una panchina qui nel Royal Botanic Garden di Sydney, un tipo sta tagliando l’erba davanti a me e sembra quasi di vivere un film, al rallentatore tra l’altro.

Vorrei renderti partecipe dei miei pensieri, ma preferisco farti verde d’invidia mostrandoti dove sono… Eccallà:

image

Guarda la foto, ascolta Battisti seduto in giardino mentre qualcuno taglia l’erba.

Nemmeno lontanamente paragonabile, lo so.
Ti lascio alla tua invidia, torno al mio crucciarmi.

G’day.

M. G.

August the 22th, 2015. End of the Journey

Gate 17. 11.58 am.

In fronte a me si illumina a intermittenza la scritta “La Porchetta. Eat live love – Italian”. Credo che di italiano non ci sia nemmeno la scritta sui bicchieri, in questo bar della zona internazionale dell’aeroporto di Cairns. Ma ormai è diventata un’abitudine, come quella di portare lo zaino di qua e di là, svuotarlo la sera e riempirlo al mattino seguente.

Stamattina l’ho chiuso per l’ultima volta durante questa mia Journey in Australia. Alle 8.55 lo shuttle dell’ostello mi ha portato qui in aeroporto, check in e poi… Beh eccomi qua.
Sono arrivato a Cairns martedì sera, solo e spaesato come ogni volta in cui approdavo in una città nuova. La sera stessa ho conosciuto una ragazza olandese e un londinese con il mio stesso nome, e abbiamo parlato così tanto da dimenticare addirittura di cenare. Discorsi seri e posati oltre ovviamente alle cazzate da giovani Backpackers in giro per il mondo. È stato divertente perché ci siamo raccontati più o meno tutta la nostra vita, ma non ricordo che lei si sia presentata. Conosco il nome del suo cane, di sua sorella, la data di nascita del nipote, il lavoro del cognato, ma non il nome di lei.
Beh, non credo sia veramente importante perché ogni volta, dopo quella sera, ci siamo guardati e sorrisi, come se ci conoscessimo da sempre.
Questo è quello che veramente rimarrà impresso nella mia mente, la facilità con la quale sono riuscito a conoscere gente da tutto il mondo senza veramente dare importanza alle formalità. Dividere i 4 litri di vino comprato a 10 dollari senza il bisogno di chiedere, guardare le stelle e raccontandosi le parti difficoltose della vita senza aspettarsi nulla in cambio, condividere esperienze e stati d’animo. Parlare semplicemente, con quella semplicità che è insita nell’azione stessa, ma che vivendo in una società impostata… Stiamo perdendo.

Mercoledì ho visitato Apollo Reef, uno dei migliaia di siti lungo la barriera corallina. Snorkeling, scuba dive a 10 metri di profondità, barracuda e pesci pagliaccio, coralli di migliaia di anni, isole dell’estensione di 10 metri quadri… Uno dei passeggeri della barca di chiamava John Lennon, inverosimile ma vero, non ti prendo in giro.
Si rientra a casa con un sorriso diverso la sera, con la consapevolezza che le cose davvero belle non devono per forza luccicare.

Giovedì mattina ho fatto bungee jumping a Cairns, nel mezzo della foresta pluviale ma talmente alto da poter vedere l’oceano davanti a me e la città intera alla mia destra. Ricordo, ancora con la pelle d’oca, le parole che mi da detto il tipo sopra la piattaforma quando, con i piedi sul bordo e lo sguardo nel vuoto, ho lasciato la mano dalla ringhiera: “look in front of you, and dive the ocean”. E così ho fatto, dopo un ultimo respiro, pesante come il piombo, ho fissato l’oceano e immaginando di tuffarmici dentro ho saltato.
Sensazione indescrivibile ed indimenticabile, da provare assolutamente.

Venerdì ho raggiunto il mio personale punto più a nord d’Australia, Cape Tribulation, quel punto del continente chiamato così da James Cook nel 1770 perché vi sono iniziati tutti i problemi della navigazione verso l’Inghilterra. Ho camminato nella foresta pluviale, dove persino gli albero cercano di ucciderti, in modo passivo per carità, ma sempre in modo preciso e sofisticato. Ho navigato un fiume infestato da coccodrilli, ai quali non interessa se sei uomo, uccello o mucca, ti uccidono anche se non vogliono mangiarti, e ti lasciano incastrato nel fondale fino a quando sei morbido abbastanza da essere inghiottito senza procurargli reflussi gastrointestinali. Ho approfondito la mia conoscenza sulla cultura aborigena, assistendo ad una spiegazione da un capo tribù in un luogo reso sicuro dal fumo prodotto dalla combustione di alcune foglie umide.

In ostello, per tutte e 4 le notti, il tempo è volato parlando fino a notte fonda con gente, ascoltando musica in camera, o cercando di dormire mentre i miei due compagni di camera di scambiavano effusioni molto spinte nel letto sopra di me. Questa è stata la mia ultima notte a Cairns, tra puzza di piedi, mugugni e tanto sonno.

Finisce oggi con questo volo verso Sydney quella vacanza che tanto ho aspettato e desiderato, che tanto mi ha impaurito e stressato, quella stessa vacanza che mi sono sudato lavorando tutte le sere in cucina, quella stessa che sembrava infinita e dura, come lo scalare una montagna, ma che ora vista da qui sembra solo un lungo cammino terminato difronte al “La Porchetta. Eat live love – Italian”.
Un cammino che mi ha temprato nel corpo e nella mente, che mi ha fatto superare molti vincoli fisici e mentali, che mi ha reso più confidente con il mondo, e con la vita stessa.
Finisce oggi un tour che non credevo di portare a termine, che desideravo ma che mi spaventava, che mi rende orgoglioso di me.

E adesso sarà ancora Sydney. Dolce, calda, amata Sydney. Con occhi diversi, mente aperta, viso leggermente abbronzato, barba lunga e nuovi obiettivi… Ma sempre la mia Sydney.

Ho superato i miei limiti, sono arrivato dove pochi credevano arrivassi.
Ma questo è solo un trampolino di lancio…
Non sono ancora arrivato dove tutti i giorni spero di arrivare.

Grazie Australia, grazie Queensland.
Grazie vita, grazie sacrificio.
Grazie per questa possibilità, ho fatto del mio meglio.

E grazie Matteo, per aver creduto in te.
C’è l’hai fatta.

M. G.

August the 18th, 2OI5

Sono appena partito per il mio ultimo viaggio in autobus, da Mission Beach.
Il primo è stato poco meno di un mese fa, e sembra proprio l’altro giorno quando spaesato sono atterrato ad Adelaide.
Ebbene ora i cartelli stradali a sfondo verde scrivono “Cairns 135”. Sono quasi alla fine di questa mia solitaria Journey in Australia, altre 4 notti ancora e poi sarà di nuovo Sydney.

Sarà di nuovo amata Sydney.
Più di qualche volta in questo mese mi è scappato di chiamarla “casa”, soprattutto quando qualcuno mi chiedeva qual’era il mio programma:
Il 22 agosto volo di nuovo a casa… O meglio, torno a Sydney”.
Pensati che pure Google Now me la indica come Home. Anche adesso pensandoci mi scappa un mezzo sorriso. Anyway…

Ieri ho fatto lo Skydive, ed è inutile dirti che è stata l’esperienza più maledettamente fantastica della mia vita. Mai avrei creduto che i miei polmoni tenessero tanta aria, e che i miei addominali potessero contrarsi così tanto da farmi urlare ininterrottamente per 30-40 secondi di caduta libera. I secondi più lunghi in assoluto.
E quando il paracadute si è aperto e ho potuto realizzare che difronte a me avevo l’Australia mentre alle mie spalle l’oceano Pacifico, l’unica cosa che ho saputo fare è stata ridere come mai prima. Ero sul tetto del mondo, e volavo.
Anche dopo l’atterraggio ho continuato a volare per altri 10 minuti minimo.
Una botta di vita, davvero.

E ora me ne sto andando verso Cairns.
Il paesaggio fuori dal bus è leggermente cambiato dai viaggi precedenti: la polverosa terra rossa con enormi distese di niente ha lasciato spazio a immensi campi di canna da zucchero o banane.
Per me è un onore passare per queste terre ed ammirare queste lande coltivate. Perché, non lo so di preciso dove, ma proprio qui la bellezza di ormai 60 anni fa, mio nonno ha bagnato la terra col proprio sudore e sacrifici, spinto da obbiettivi e ideali granitici.
Non sono nemmeno lontanamente comparabile con lui, ma nel mio piccolo ho visto e provato quello che ha visto e provato lui, e forse mi prenderai per matto se ti dicessi che, guardando dal finestrino, riesco ad immaginarli 35 mila uomini ricurvi sotto il sole a mietere canna da zucchero. Cuore colmo di orgoglio, e pure una lacrima di commozione…
Posso dire di aver visto un pezzetto della mia storia.

La radio fa partite una canzone un po vecchia, intitolata “A thousand miles” (Un migliaio di miglia), e subito il ritornello mi fa scappare un sorriso. Ho percorso più di 1000 miglia, anche se non a piedi, e tra poco sarò giunto a destinazione. Purtroppo nessuno sarà alla fermata del bus ad aspettarmi, e anche se dovesse non sarebbe mai chi veramente vorrei fosse.

Ma credo che alla fine di tutto, tra sabbia, jeep, barche, terra rossa, canna da zucchero e banane, dopo un mese di viaggio, la cosa veramente importante è essere riuscito a ritrovare me stesso.

Ritrovare o trovare?

Buongiorno Cairns.

M. G.

August the 16th, ZOI5

Avevo impostato la sveglia alle 8 del mattino, ieri sera, subito dopo aver chiuso la conversazione Skype con i miei. Eppure stamattina mi son svegliato alle 6.30, e non c’è proprio stato nulla da fare… Il sonno non è tornato.

Così mi son alzato, ho fatto colazione, lavato i denti e chiuso la zaino. Una passeggiata di circa 25 minuti per prendere il bus direzione Mission Beach. Ma non corriamo troppo…

Il mio ferragosto l’ho passato in barca, nel mare dei coralli (o Coral Sea in inglese), tra snorkeling, kayaking, ottimo cibo e compagnia quanto meno discutibile di francesi un po troppo “selfish”, se capisci cosa intendo… Il tour delle Whitsunday Islands è durato due giorni e ho potuto vedere e fare quelle cose che pensavo di poter vedere solo in TV, guardando un documentario della National Geographic. Ho nuotato con il pesce Napoleone, con Nemo e Dori, addirittura con uno squalo White Tip. Ho visto un primo pezzo della barriera corallina, colori incredibili e coralli che sembravano dipinti.
Ricordo di essermi stropicciato gli occhi un paio di volte mentre nella mia testa rimbombava l’esclamazione “ma è meraviglioso!”. Ah e oltre tutto ho pure “guidato” io stesso la barca su cui viaggiavano, un 17 metri chiamato SV Whitehaven. Come skipper non sono dei migliori, ma chemmefrega, ho guidato na barca sull’oceano, per il corpo di mille balene!!

Già, la natura è incredibile e a quanto pare offre spettacoli di gran lunga migliori di una qualsiasi invenzione umana. Ma che lo dico a fare poi… Peccato solo essersene resi conto alle soglie dei 25, e non un po’ prima.

Comunque, esperienza assolutamente da 10 e lode con bacio accademico. Incredibile a pensarsi, figuriamoci a dirlo, ma mi son addirittura abbronzato! E neanche una scottatura oltretutto…

Ora sto in viaggio per Mission Beach come ti accennavo prima. Più che altro è una sosta tecnica, o meglio… Sky Dive! Me ne andrò già martedì, un po’ più carico di adrenalina, e sempre più vicino all’epilogo di questo viaggio…

Altre novità? Tante. Ma l’unica che veramente mi sta tenendo con il fiato sospeso riguarda la mia cugina Emanuela, che proprio adesso mentre io guardo il rosso delle polverose strade del Queensland, sta si accinge a partorire.

Vai Manu! Ci sono pure io a tenerti la mano.

M. G.

August the 12th, ZOl5

Nella scorsa puntata, il nostro eroe si trovava sulla via per Rainbow Beach, a bordo del suo potente bolide a 6 ruote e 56 posti a sedere, rosso fiammante.

Attualmente, sembra sia passato all’incirca un battito di ciglia da quella “scorsa puntata”. Ma invece il tempo è tiranno, e non stiamo parlando di qualche secondo ma bensì di ben 4 giorni.
L’arrivo a Rainbow era stato più o meno traumatico come tutti gli altri, indaffarato a prepararmi il letto, farmi la doccia tenendo un piede sulla porta per non farla aprire e robe del genere. La cosa che lo ha però differenziato dagli altri è stato il “safe briefing” che ho avuto nell’area comune dell’ostello con quella che è stata la mia famiglia durante il soggiorno alle Fraser Island.
Sembra quasi un esagerazione definirla una famiglia, e difatti quando la nostra guida Jeff ne ha parlato in questi termini non ho nascosto il mio famoso sguardo indignato…

Ebbene partimmo. Con 4 LandCruiser 4×4, abbiamo girato in lungo e largo la costa est e il centro dell’isola, tra il rischio di rimanere piantati nella sabbia soffice, o di incontrare dingo aggressivi durante la notte.
Abbiamo alloggiato, se così si può dire, in un campeggio gestito da aborigeni, cucinando e condividendo tutto, spendendo il nostro tempo assieme davanti al fuoco e non davanti il cellulare divenuto completamente inutile dalla mancanza di campo.
Il terzo giorno ho guidato praticamente solo io, se non per un breve tratto al mattino e uno al pomeriggio.

Musica a palla, foresta alla sinistra, oceano infestato da squali alla destra, relitti di navi lungo la spiaggia, una balena che ci ha deliziato di uno stupendo spettacolo acrobatico per 10 minuti buoni a soli (credo) 50 metri dalla riva, ottima compagnia di tedeschi, inglesi, irlandesi, danesi e francesi (anche se decisamente i miei preferiti sono in assoluto i tedeschi)… Steffen e Chris, i due diciannovenni da Francoforte che hanno addirittura diviso il loro vino con me, sono in assoluto i miei preferiti.
Il campeggio non era decisamente a 5 stelle, forse nemmeno a 1/5 di stella, ma questo ha reso tutto più maledettamente unico: cominciando dai ragni dentro i bagni, nelle docce, ai bastoni previsti per difendersi contro un eventuale attacco dingo (famosissimi e letali “dingo stick”, ovvero tubi di plastica nera rigida della lunghezza di circa 30 cm), dormire per terra, mangiare in gavetta e pulire la forchetta alla bene meglio sui jeans.
Si insomma, l’esperienza più avventurosa e figa che ho mai avuto in vita.
Strepitosa davvero.
L’unico inconveniente era la sabbia, che era davvero ovunque. Una notte mi son svegliato che ne avevo pure in bocca, e ancora non riesco a capacitarmi di come sia potuto succedere…

Teo, cosa puoi pretendere se vai a visitare l’isola di sabbia più grande al mondo? Monassa.

Ebbene, l’esperienza è finita, ho fatto una vera doccia e dormito in un vero letto.
Oggi ho fatto il check out dall’ostello puntuale alle 10 del mattino, per poi aspettare fino le 15.50 di prendere il bus che mi ha sganciato a Hervey Bay alle ore 17.23.
Poco fa, alle 21.30 son partito per Airlie Beach, sempre nel mio bolide rosso fiammante a 56 posti.
Mi son scordato di pulirgli gli interni però, dentro puzza un po (tanto) da piedi e sudore… Provvederò appena posso, nel frattempo dormirò in modalità respiratoria “osmosi”.

Per ammazzare il tempo oggi mi sono messo ad ascoltare delle registrazioni molto vecchie che avevo salvato nel cellulare. Queste mi hanno fatto capire quanto io sia cambiato profondamente in quest’anno, quanto più forte, tenace e paziente io sia diventato.

In questo istante sto guardando fuori dal finestrino mentre il bus corre. Attività abbastanza inutile visto che non si vede nulla tranne l’oscurità e qualche lampione ogni tanto.
È stato proprio il flash di un lampione a farmi rendere conto che un anno fa non avrei scommesso su di me nemmeno un euro.
Oggi, sto girando l’Australia da solo.

Ma allora a volte anche i cavalli scarsi e poco quotati riescono a vincere, eh?

Devo quindi dire: Grazie Australia, mi stai portando dove mai avrei creduto.

M. G.

August the 8th, 2O15

Sono sempre nel solito autobus rosso, che stavolta mi sta portando a Rainbow Beach. Stamattina ho salutato Noosa e le sue Everglades, e sto andando incontro a quella che forse sarà la vera avventura del viaggio, le Fraser Islands.

Forse non tutti sanno che le Fraser sono le isole di sabbia più grandi al mondo. Io stesso l’ho scoperto poco tempo fa, anche perché se ci pensi cazzo vuol dire isola di sabbia?? Vuol dire che è un enorme deserto, ovviamente con spazi di vegetazione e addirittura due o tre laghetti naturali di acqua dolce, ma in prevalenza si parla di sabbia.
Ebbene, guiderò sta jeep sulle Fraser per 3 giorni e ci farò tutto il giro, dormendo in tenda e risultando completamente tagliato fuori dal mondo visto che non c’è ricezione con il telefono.

Credo che negli ultimi 12 anni questo sarà il periodo più lungo che trascorrerò senza telefono. Non dovrò pensare a rispondere o chiamare nessuno!
Forse lo userò per ammazzare il tempo guardando le foto che ho salvato…

Ma sai che ti dico? L’unica foto che veramente mi interessa guardare c’è l’ho nel portafogli.
Che se ne vada al diavolo anche il telefono allora…

Se ti manco così tanto e vuoi sentirmi, o se ci sono emergenze scrivimi oggi, altrimenti…

Teo è AIR OFF.

M. G.

August the 6th, 2O15

Sembrano siano passati decenni da quel venerdì sera e le interminabili 12 ore di autobus notturno.
Invece siamo appena al sesto giorno, con lo zaino che sembra diventare ogni giorno più grosso, e con il processo di temperatura che ormai ritengo completato.

La vita del Backpacker è fondamentalmente na vita del cazzo, diciamocelo! Non smetto a ricordarlo ad Elisa, la mia compagna di avventure incontrata proprio durante un’avventura. O meglio, vivere da nomade è figo, avventuroso, non immagini nemmeno quanta gente ho conosciuto e quanto altra ne conoscerò… Ma la tua vita è legata ad uno zaino da 80 litri, ai tempi da rispettare, agli inventari della sera prima di partire della serie “ho l’impressione di essermi scordato qualcosa”…

È questa la temperatura che ti dicevo. Con ormai 3000 chilometri sulle spalle (o sulle natiche?), 6 ostelli cambiati, lavare i piatti e le pentole prima e dopo l’uso, le docce estremamente bollenti o assolutamente congelate con o senza la porta…
Beh, sento di essere diventato figlio del mondo (anche se la mamma è sempre la mamma, e mi aiuta un sacco con i suoi consigli su come fare il bucato).

Stamattina mi son svegliato alle 4 e mezza più o meno, al suono della sveglia di un mio compagno di stanza che andava a lavoro.
Ho continuato a rigirarmi a letto fino le 6 quando ho deciso di far colazione e chiudere definitivamente lo zaino.
Alle 8.12 circa ho salutato Brisbane, la capitale del Queensland, che non credevo potesse darmi molte soddisfazioni e invece si è aggiudicata il terzo posto nel mio personale indice di gradimento delle città australiane.
Sto correndo verso Noosa e la sua Highway Beach per due giorni di piena estate, in pantaloncini e infradito.

Che poi, vuoi la verità? A me ste ore interminabili di bus piacciono pure.

Eh si Teo, il troppo sole ti dà alla testa…

M. G.

July the 31st, 2015

L’autobus corre…

Sto proiettile rosso, ai 100 all’ora in autostrada.

Sono seduto sul mio comodo sedile in pelle nera, profumata e morbida, inclinabile di quei 30 gradi appena sufficienti a farti appoggiare la testa per evitare che ti cada di qua e di là mentre dormi, e il mio lettore mp3 fa partire Phil Collins, Cat Stevens, Brian Adams.

Guardavo fuori dal finestrino mentre gli altri 30 Backpackers che dividono il viaggio con me già dormono e non so come, ma continuavano a risuonare nella mia mente le parole di mio padre quando, ormai 10 anni fa, mi ripeteva che c’è un tempo per tutto in questa vita.
Questo pensiero mi è capitato tra le mani nella stessa maniera in cui ti capita di incontrare un piccolo nodo aggrovigliato con il cavo degli auricolari… Lo vedi, lo senti, non ha ragione di essere dov’è, ma allo stesso tempo non ti infastidisce più di tanto. Allora inizi a giocarci, vorresti scioglierlo ma allora il gioco finirebbe… Così lo studi, fino a quando sopraggiunge forte il desiderio di vederci dentro, e quindi di scioglierlo.

Quel pensiero lontano mi è capitato tra le mani, e subito sembrava una banalità: non aveva motivo di disturbarmi proprio adesso, ma neanche mi infastidisce più di tanto. Così ho iniziato a giocarci un po’, ridendo ai ricordi di un giovane me mentre ascoltava quelle parole senza tanto interesse… Di fatti, quel disinteresse è stata la base di un sacco di casini. Allora basta, questo pensiero non mi piace più, voglio stopparlo! Ma era interessante ricordare di me, dieci anni fa…

Eccomi allora nella fase di studio di quelle parole. Di certo a 15 anni non si possono capire appieno certi pensieri profondi, ma arrivato ormai a 25 credo di essere finalmente arrivato ad una interpretazione, giusta o sbagliata non lo so ma sicuramente condivisibile.

Non importa quanto matura una persona possa essere, o quante cazzate ha combinato nella sua vita, la cosa importante è riuscire a capire quando è giunto il momento di cambiare le carte in tavola, di agire. E non c’è nessun segnale ad indicartelo, semplicemente te lo senti dentro che le cose, in una direzione o in un’altra, devono andare per forza.
Scrivo da un autobus di linea che stanotte mi farà correre 776 km, per un totale di 12 ore e 25 minuti, da Sydney a Byron Bay.
A 15 anni mi sentivo potente come nessuno al mondo nel farmi da casa a Cittadella in motorino di sera, e tenendolo nascosto ai miei genitori per non farli preoccupare.

Stasera ho realizzato che aveva ragione mio padre, finalmente il mio tempo è arrivato. Anche se, dentro di me, c’è ancora quel ragazzino di 15 anni che percorre la Statale 47 in motorino a tutto gas perché è già in ritardo per rientrare a casa…

Inizia un altro capitolo.

C’è un tempo per tutti in questa vita.
Questo è il mio.

M. G.

12.54 Lunedì 27 Luglio 2O15

La sveglia stamattina è suonata presto, molto presto.

Ricordo ieri sera di aver appoggiato il telefono sul cuscino, poco prima di addormentarmi, con scritto sullo schermo il numero 2.43.
Subito dopo il suono della sveglia stamattina, invece, un rumore di sottofondo ha continuato a disturbarmi, quasi come se il telefono si fosse accorto che non avevo voglia di svegliarmi, e di conseguenza avesse continuato a far suonare la sveglia.

Che immagine romantica, eh?

Banalmente, invece, si trattava del mio compagno di stanza che stava russando.

Oggi è stato l’ultimo giorno di un primo viaggio che farò in Australia, io e il mio backpack, scarpe ben allacciate e cuffie alle orecchie.
Una settimana attraverso Adelaide, Kangaroo Island, Great Ocean Road, Phillip Island e Melbourne.
Questo paese mi sta regalando qualcosa di unico, che non si può comprare con nessuna cifra, e non si può vedere in nessun film.

Scrivo dell’autobus che mi sta riportando a Sydney da Melbourne, un viaggio di 13 ore complessive, la maggior parte delle quali in mezzo al niente più assoluto. Solo una tappa tecnica, dopo la quale ripartirò alla volta di Cairns e di quel incredibile stato chiamato Queensland. Più di un mese a dover fare i conti solo con me stesso… E tu lettore lo sai quanto nuova sia questa esperienza per me. E sai pure quanto sia faticoso sopportarmi (lo sto scoprendo pure io, non ti preoccupare).

In questo momento mi è passata per la mente una caricatura molto famosa di John Lennon, dove è rappresentato mentre scende gli scalini della sua stessa mente…

Un autobus è decisamente più confortevole di una rampa di scale, non trovi?

Buon viaggio Teo.

M. G.

Mah???

Più di un mese di latitanza. Chiedo scusa.

La mia insonnia non mi da tregua, così scrivo due righe tanto per ricordarti che esisto, caro lettore!

Da circa un mese lavoro tanto, tutti i giorni senza sosta… E manco mi dispiace a dirla tutta.
Sto progettando un paio di cosette da fare, e il tempo speso a lavoro è un toccasana per la loro programmazione -il corpo lavora e la mente si fa gli affari suoi-

Sto facendo una full immersion di Friends, quel telefilm degli anni novanta, ricordi? Così quei pochi  momenti che ho liberi durante la giornata li spendo a guardare qualche puntata… e il mio inglese ringrazia!

Grandi soddisfazioni dal mio amico Davide, che pure lui è sotto a manetta con il lavoro. Qualche soddisfazione in meno dagli amici italiani, ma solo da quelli che si son dissolti nel nulla. Quindi tranquillo, se stai leggendo vuol dire che non sei tra questi, a meno che la nostra ultima conversazione non sia datata duemilaecredici.

In conclusione, lascio la descrizione delle novità più salienti a quando avrò una mezz’ora da dedicarti… Che qui son le 3 di mattina e domani devo lav…are la macchina?
SBAGLIATO!
Devo lavorare!
E chi l’avrebbe mai detto che il vecchio e paccioccone Matteo sarebbe diventato uno sta…mbecco?
SBAGLIATO ANCORA!
Staccanovista! E smettila di ridere sotto i baffi, lo son diventato per davvero!

Un caloroso saluto da me e dalla mia insonnia, adorato lettore. E ogni tanto ricordamelo di scriverti!

Cordialmente.

M. G.